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sabato 21 aprile 2012

Capitolo III


Così era iniziata la mia partecipazione “alla lotta”, che
avrebbe proseguito soprattutto sul piano della collaborazione
alla stesura di “documenti”, da inviare alla stampa
o a politici o al Presidente della Repubblica. Quest’ultima
idea era stata di Ciccio Stavolo. Perché non ci rivolgiamo
a Scalfaro che è venuto da poco a Napoli e che è rimasto
colpito dalla dignitosa povertà dei napoletani? L’idea era
buona e sarebbe stata realizzata, con il consenso di tutti.
Già dalle prime riunioni, infatti, si cercava di coagulare il
consenso di tutti e, poi avrei capito, si sarebbe richiesta la
votazione solo quando si aveva la certezza che questa
avrebbe pienamente fatto vincere l’opinione della rappresentanza.
Ma dedichiamo due parole a Francesco Stavolo, detto
Ciccio, che ne meriterebbe anche di più. Ciccio è uno di
“quelli del ‘63”, di coloro che, per concorso erano entrati
nella Società all’indomani della nazionalizzazione dell’energia
elettrica, quando la famiglia Signorini, proprietaria
della SME, Società Meridionale di Elettricità, aveva
investito l’indennizzo dello Stato in vari settori industriali
fra cui in particolare quello alimentare.
Uomo di grande cuore è un ragioniere che è riuscito, con
fatica e lealtà, a conquistare la posizione di quadro nella
Finanziaria. Si occupava del settore societario e, da quanto
ho capito, anche confrontando il mio parere con quello
di altri, ne sa parecchio. I suoi superiori spesso si rivolgono
a lui per questioni inerenti al suo settore di competenza
per cui ecco: si può dire che è un “tecnico”. Per il suo
modo diretto e a volte brusco di porgere può sembrare prepotente
o superbo, ma chi lo conosce sa che non è affatto
così. Il suo atteggiamento - qualcuno dice - “da guappo”
rimane solo in superficie.
Ciccio è pescatore e racconta spesso delle sue imprese a
mare e quando vede che la gente non lo prende in parola ci
rimane male. Ma a lui, in definitiva, cosa importa? Lui
pesca fra Capo Miseno e Procida e questo lo fa felice. Se
ne sta con la sua barca in mezzo al mare e lì si sente,
essendolo, un re.
E’ stato nei Carabinieri e, anche questo racconta, lì ha
conosciuto il generale Dalla Chiesa dal quale ha ricevuto
più volte dimostrazioni di stima.
Io ci credo, anche perché egli ebbe successivamente anche
la stima di un altro grosso personaggio, il Presidente
Valori. E, come sempre, Ciccio dedica tutto il cuore a questa
sua amicizia e questo grande cuore che ha soffre un poco
e Ciccio ci deve stare attento. Deve stare attento alla dieta
e al fumo sui quali normalmente non si controlla molto.
Poi si controlla quando è costretto a farlo e allora si attiene
rigorosamente alle indicazioni dei medici. Ora però ha
imparato a prevenire e talvolta, incredibilmente, rifiuta un
caffè. Ciccio è un metro e settanta ed è parecchio robusto,
sia costituzionalmente che di panza. Ha i lineamenti regolari
e si capisce, anche dai racconti che si fanno e dalla faccia
dei suoi figli, avuti da una giovanissima moglie, che un
tempo doveva essere un bell’uomo. Ancora oggi se si
mette gli occhiali da sole è scambiato per Tony Curtis. Così
una foto dei primi tempi della SME, lo ritrae a fianco di
Michele Varriale, altro bello, anch’egli oggi un po’ fuori
forma, mentre in costume da bagno prendono il sole a
Procida, distratti per un attimo dall’obbiettivo del
fotografo.
E di Procida, Gennaro però e non l’isola, ti parla Ciccio,
come dell’amico compianto stroncato giovane da una brutta
malattia, con cui si sono divise fatiche e avventure. Oggi
Ciccio è padre di due ragazzi e una ragazza, in età universitaria
e anche questo testimonia il suo cuore, in una societ
à in cui una famiglia con tre figli è già considerata
numerosa. Povero Ciccio, come deve aver sofferto un
cuore grande come il suo quando il ragioniere della sedia
accanto con il quale giocava a carte, oggi è Direttore
Centrale e non gli da più del “tu”. Ma lui pesca e in mezzo
al mare si dimentica di questa e di altre amarezze. Ciccio è
grande.
Da allora iniziò un’attività di relazioni pubbliche tenute
essenzialmente dalla Perrino, con la collaborazione, per i
documenti scritti, di Piero Iacchetti – sua la frase poetica
detta ad una nostra collega avvocato che, da buon avvocato,
non si sentiva mai stanca di parlare: “Monica, quando
smetti di parlare, sento il cinguettio degli uccelli” - e mia.
La Signora, infatti, non scriveva ma correggeva soltanto e
con buon senso, bisogna dire. Presto cominciò un andirivieni
di politici e di giornalisti che “fiutavano” la notizia e
cercavano, i primi, di guadagnarsi il favore dei manifestanti
promettendo il massimo impegno in Parlamento e i
secondi, chiedendo un po’ a destra e un po’ a sinistra di
capire come andavano le cose. Ma presto la RSA se ne
accorse e unificò l’interlocutore con i giornalisti: essa stessa.
Insieme con la consapevolezza del ruolo centrale che la
questione stava assumendo nell’ambito dei problemi di
Napoli e della Campania e, al centro della questione stessa,
il proprio ruolo personale crebbe nell’atteggiamento
della Perrino quel fare autoritario e un po’ artefatto che
presto le avrebbe fatto perdere il consenso di alcuni che
l’accusavano di protagonismo. Assunse, in effetti, un tono
sprezzante nei confronti degli altri componenti della RSA
e dava l’impressione di sentirsi sempre come sotto i riflet-
tori, inquadrata da una telecamera.
Furono diverse le telecamere che posarono il loro “sguardo
” su di lei e la cosa non poteva non lasciare traccia.
Nell’idealismo di qualcuno forse non sarebbe dovuto
accadere, ma non fu così.
C’era di fondo, però, una spinta ideale che faceva passare
sopra queste “piccolezze” da parte degli occupanti e, d’altra
parte, ci si rendeva conto di quanto fosse necessaria in
quel momento la figura di un leader, per cui ci si guardò
bene dal ridimensionarla. Fra i più vituperati membri della
rappresentanza c’era Antonio Gradogna, un ragioniere,
Cavaliere della Repubblica, che alla SME si occupava
degli acquisti e della manutenzione e che, si dice, sia stato
voluto nella RSA dall’Azienda. Ne parlavano male tutti gli
altri rappresentanti sindacali e non c’era in realtà grosso
addebito da fargli se non quello di essere ammanicato con
preti, DC e Rastrelli, senatore del Movimento Sociale e
fratello del frate anti-usura. In una certa occasione lo invitò
a parlare con i lavoratori della SME e questi, simpatico
oratore, si spinse a prospettare una soluzione giuridica che,
esaminata da due giovani funzionari della SME, apparve
tecnicamente impraticabile. Il senatore, futuro Presidente
della Regione Campania, si ritirò in buon ordine e con
senso dell’umorismo riconobbe di essere venuto a dare
consigli e di averne, invece, ricevuto.
Alla fine di febbraio la Pausini vinse il girone dei giovani
di Sanremo con “La solitudine”. La canzone, che avrebbe
lanciato la brava cantante, parlava di un amore iniziato sui
banchi di scuola e ostacolato dal trasferimento di lui. In
quel periodo mi tornava spesso in mente perché rispecchiava
bene anche lo stato d’animo di molti di noi, di fronte
ad un ostacolo grosso grosso che non ci si aspettava e non
si vedeva l’ora che finisse.
Ma torniamo a Gradogna che, di umile condizione, si era
consolidato nella posizione in SME facendo piccoli favori
a destra e a manca e sicuramente è un tipo molto attivo,
con la testa sulle spalle e gli occhi anche dietro la nuca
(non si sa mai ... ). Scherzi a parte il suo occhio buono è
uno solo e con questo guida, con grande timore della
Perrino, a tutta velocità. Si dica ciò che si vuole, Antonio è
l’unico che ha coltivato e difeso il rapporto con il
Presidente Valori, per il resto molto avversato dalla RSA.
La sua avversione era forse dovuta all’estrazione politica
di Valori che mostrava di avere le sue migliori amicizie
nell’ambiente della DC o forse al fatto che lo stesso
Presidente dimostrava di preferire come interlocutore
Gradogna alla Perrino. Il piccolo - ma tozzo – ragionier
Gradogna sarebbe riuscito a mantenere i rapporti con il
Presidente anche quando questi sarebbero risultati
estremamente difficili, perché le sue promesse sembravano
non realizzarsi e la Perrino avrebbe proposto la rottura
totale nei suoi confronti.

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